domenica 4 novembre 2012

CONCLUSIONI


IL PROBLEMA DELLE DIMENSIONI …


le democrazie possono permettersi che possano esistere aziende multinazionali così grandi da poter determinare una pressione economica ricattatoria gigantesca sul lavoro e sulle tipologie di consumo da agevolare? Ovvero è possibile che gli elettori possano controllare le attività politiche che tali aziende mettono in atto per ottenere i propri interessi scollegati dagli interessi delle popolazioni che prese singolarmente possono solo subire? Forse i popoli dovrebbero impedire la formazione di colossi di tale dimensione. Stessa questione con enormi accumuli di capitale finanziario di proprietà o gestite da una sola persona. Il problema delle dimensioni è lo stesso problema della lotta antitrust.

IL PROBLEMA DELL’INNOVAZIONE …


la capacità produttiva umana di cultura occidentale si è rivolta all’innovazione in due aspetti della produzione IL PRIMO ASPETTO nei processi produttivi che rendono sempre più veloce il produrre la stessa quantità di prodotto riducendo la manodopera e IL SECONDO ASPETTO nell’innovazione nel prodotto che rende sempre più veloce la sostituzione del prodotto con prodotti sempre più funzionali e soddisfacenti di esigenze che prima non si avevano. Tale processo innovativo produce due cose: LA PRIMA sempre più velocemente le risorse diventano rifiuti aumentando la destabilizzazione dell’ecosistema e esaurendo le risorse finite e non permettendo la rigenerazione delle risorse rinnovabili. LA SECONDA sempre meno persone sono impiegate nel processo produttivo generando problemi di redistribuzione del reddito e aumentando il divario tra ultraricchi e poveri esistenziali. Questa considerazione non ve la fa un comunista o un ecologista ve la può fare qualsiasi economista o sociologo che guarda i grafici relativi ai fattori macroeconomici legati all’innovazione. LA SOLUZIONE al processo innovativo IN PRIMO LUOGO non è ridurre il livello tecnologico quanto di aumentarlo in modo da produrre con meno materie prime e molto con materiali riciclati in modo da ottenere prodotti che con minore consumo energetico producono lo stesso effetto e IN SECONDO LUOGO progettare i prodotti perché durino a lungo e rendano le persone autosufficienti e autonome (esempio la generazione di energia da fonti rinnovabili in loco da solare o eolico o cogenerazione) (esempio il noleggio di mezzi di trasporto, attrezzature di bricolage, computer, stampanti … ed altri prodotti che per il noleggiatore è utile durino il più a lungo possibile e siano sempre efficienti e per l’utilizzatore costano per quello per cui vengono utilizzati e non producono rifiuti di attrezzature ancora funzionanti ma inadatte al mutare delle esigenze)

ESPORTAZIONE DELLA DEMOCRAZIA


Oggi il tema più scottante e problematico delle democrazie è l’ “esportazione” della “vera democrazia” là dove vi sono governi “falsamente democratici” compiono delitti contro la propria popolazione o non impediscono che una parte di popolazione subisca trattamenti contrari alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

In primo luogo l’ONU (Organizzazione Nazioni Unite) non ha caratteristiche democratiche essa rappresenta i governi delle oligarchie egemoni e non le popolazioni ed in secondo luogo il diritto di veto di alcune nazioni o federazioni ed il governo garantito ad un ristretto numero di paesi ne mina fortemente la legittimità nel dichiarare la necessità d’intervento umanitario.

Le popolazioni democratiche mondiali entrano in crisi esistenziale quando una maggioranza molto alta di elettori di un popolo si autodetermina a non volere un regime democratico e scelgono regimi teocratici o ideologici.

La Democrazia confligge in modo violento con la cultura tradizionale di un popolo e ne chiede sovvertimento e omologazione internazionale ma questo non contraddice l’agevolazione della diversità e del multiculturalismo?.

Alla fine della storia sarà una Democrazia mondiale omologante in cui si spegneranno le identità nazionali per far sorgere delle identità collettive trasnazionali basate sull’espressioni di varianze individuali?

I valori forti della Democrazia social-liberale sarà il “vietato vietare” in cui la mediazione permette di trovare uno spazio possibile per il vissuto di individualismi eccentrici. Lo stato arbitro e non più fautore di un progetto di società omologante. “saremo tutti uguali quanto saremo tutti diversi”.

 

CONCLUSIONI


Qui fermo le mie provocazioni intellettuali, non per mancanza d’argomenti quanto per continenza già troppo tardiva.

Se siete arrivati fino a questo punto nella lettura di questo ragionamento sbanalizzante quanto esistenziale meritate una risposta alla domanda: ma quali competenze ha questo tizio nel ragionare sulle possibili modifiche costituzionali per rendere più “democratico” il paese in cui vive?

Semplicemente mi sento un elettore con responsabilità di determinare le stesse leggi alle quali sottostare e che, con i mezzi intellettuali cui dispone, tenta di formarsi delle opinioni sulle scelte da fare perché tale paese sia migliore per tutti e non solo per alcuni e tra questi se stesso.

Se siete elettori consapevoli  sapete che il vostro voto e quindi la vostra opinione in politica è determinante quanto quella di un luminare o di un idiota. Quindi … date voce alle vostre sensazioni così che divengano un racconto, date voce alle vostre idee così che rendano significativo il vostro racconto, date voce alla vostra voce così che il significato del vostro racconto diventi significativo anche per altri nel condividerlo o nell’opporvisi, date voce alle vostre azioni così che il significato delle vostre idee diventi comportamento coerente, diventi … una scultura del pensiero.

Essere comunque una luce nel buio, o una luce, pur fioca, che si aggiunge alle altre per avere più luce.

Per coerenza … spero di essere stato abbastanza chiaro.

Antonio CAMPO 13/07/2011

Post Scriptum

Come diceva George Orwell nel libro "Gli anni dell'«Observer»” “ Sapere dove andare e sapere come andarci sono due processi mentali diversi, che molto raramente si combinano nella stessa persona. I pensatori della politica si dividono generalmente in due categorie: gli utopisti con la testa fra le nuvole, e i realisti con i piedi nel fango.”

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